lunedì 11 gennaio 2016

L'OMOSESSUALISMO E IL GENDER: L'IMPATTO SOCIALE. Di Giancarlo Ricci

Pubblichiamo l'Introduzione di GIANCARLO RICCI al suo libro SESSUALITA' E POLITICA: VIAGGIO NELL'ARCIPELAGO GENDER (Sugarco, 2016) 


Potrebbe essere un libro-thriller, pensavo, prendendo sul serio quanti affermano che l’ideologia gender non esiste. Perché tanta fretta - mi chiedevo - nell’occultare il cadavere? Quando poi l’indignazione saliva incontenibile, era il piglio pamphlettistico a farsi strada anche con ironia e umorismo. Infine, dopo aver constatato la confusione che con spavalderia trionfa nei dibattiti mescolando temi e piani differenti, è prevalsa l’idea di progettare questo libro nei termini di una mappa che potesse agevolare un viaggio, quello nell’arcipelago gender. 
La mappa disegna alcuni termini essenziali - una sessantina - in grado di entrare in merito alla questione gender (e non solo) situandola nello scenario culturale e storico del nostro tempo. Occorre che una mappa sia <<giusta>>, che non porti fuori strada, che immetta in un orizzonte in cui le verità si profilano da sole, libere di procedere nella loro direzione. 
Temi che appartengono alla soggettività dell’individuo quali l’identità sessuale, il genere, l’orientamento sessuale, la sessuazione e molti altri, vengono articolati e collocati in una costellazione sociale: la relazione uomo-donna, la famiglia, la procreazione, la filiazione, lo statuto di figlio. L’ideologia gender manomette questi termini essenziali decostruendoli, rimontandoli e adattandoli a una prospettiva ideologica. Tutto ciò appare come un’imposizione: ci si appropria della <<cosa pubblica>> (res publica) per esercitarla sulla <<cosa sessuale>> dei singoli soggetti. Non si tratta forse del tentativo di uniformare e gestire socialmente le singolarità, con le loro identità e le loro differenze, per <<educarle>> a un pensiero unico? 
Di qui il titolo <<sessualità e politica>> che affianca due ambiti  decisivi: la <<cosa sessuale>> e la <<cosa pubblica>>, l’individuo e la società, la libertà del soggetto e il <<bene comune>>. Da quando esiste la civiltà, molte cose dipendono da queste due polarità e dalla loro dialettica. 
Oggi viviamo il tempo in cui sempre più la politica entra in merito al tema soggettivo e intimo della sessualità degli individui. Il <<pubblico>> pretende di esercitare un’egemonia sul <<privato>> per inglobarlo, gestirlo e istituire strategie per produrre profitto. Il gender, non dimentichiamolo, offre la migliore giustificazione per il business delle biotecnologie e per il mercato della biogenetica, promuovendo silenziosamente il progetto biopolitico dell’ipermodernità. Non solo. Asseconda il capitalismo globale favorendo l’ipertrofia dei diritti per espandere il mercato del consenso a nuovi soggetti <<politici>>. In questa prospettiva ecco pronto il dispositivo dell’assoggettamento e dell’instaurazione del debito.
Quali implicazioni derivano dalla constatazione secondo cui la <<cosa pubblica>> interviene sempre più sulla <<cosa sessuale>> che accade tra due esseri umani? Il matrimonio gay ne è l’esempio più evidente. Le sue implicazioni più inquietanti sono quelle che coinvolgono soggetti terzi: la possibilità delle adozioni, l’uso dell’eterologa, gli uteri in affitto. Anche il <<bene comune>> va considerato un soggetto terzo. A risultare minacciati sono inoltre la parola padre e madre, sostituiti con genitore 1 e genitore 2, la struttura della famiglia, l’istanza del figlio, la filiazione, la trasmissione tra le generazioni. La negazione di queste istanze ha il sapore di un nuovo nichilismo. 
Abbagliata dalle promesse dello scientismo e in preda all’immaginario biotecnologico, l’attuale società sembra fare di tutto per silenziare le evidenze che alcuni saperi (per esempio la psicanalisi, la filosofia, il diritto, l’antropologia) mettono costantemente in risalto: la complessità dell’umano, la sua natura, i suoi enigmi che si trasmettono di generazione in generazione.  

Con Il padre dov’era (2013) ho esplorato il tema teorico e clinico delle omosessualità maschili soffermandomi sulle loro differenti forme e strutture. In questo libro esploro le implicazioni sociali e comunitarie, dunque simboliche e antropologiche, dell’omosessualismo e della prospettiva gender. 
Ho individuato circa sessanta voci fondamentali con una serie di rinvii interni ad altre voci che delimitano, quasi come caposaldi, un terreno entro cui si gioca una scommessa di civiltà. Il contesto è quello dei nostri giorni e del nostro tempo in bilico su una soglia epocale. Si tratta di un viaggio <<politicamente scorretto>> che percorre alcune parole basilari al di fuori dell’omologazione somministrata dai soliti slogans. Il lettore troverà non un sapere all inclusive, esaustivo o preconfezionato ma spunti, sguardi, prospettive inedite che scandagliano <<dall’interno>> il pensiero gender, i suoi paradossi, le sue idee fisse, i suoi zoppicamenti. 


Sono considerazioni che prendono le mosse dalla psicanalisi e dalla sua clinica, da quella psicanalisi che ritiene imprescindibile, in questo tempo, entrare con audacia, in modo laico e non accademico, in merito al disagio della civiltà.  Questa psicanalisi non pretende di possedere la Verità ma di praticare quella sufficiente etica che consente di evidenziare alcuni frammenti di verità psichica e storica in grado di aprire nuove vie del pensiero. Del resto è facile constatare come nei vari documenti e <<linee guida>> gender, non vi sia traccia di psicanalisi. Spicca anzi una sua costante negazione, un’avversione che sconfessa l’ambito psichico, la dimensione dell’inconscio, la differenza sessuale, il lavoro della memoria, la soggettività. Prevale invece una visione cognitivista, comportamentista, costruttivista dell’individuo e della società, dove i riferimenti agli autori e alle ricerche si esauriscono, in modo egemonico, al mondo anglosassone. 

È una battaglia ideologica tra schieramenti contrapposti, sentenziano alcuni. Niente affatto, non c’è alcuna simmetria. I media, per evitare complicazioni, raccontano la questione gender come scontro tra una posizione modernista e una posizione tradizionalista (nel migliore dei casi). Il laicismo appena incontra una presa di posizione etica forte, ne denuncia l’intransigenza ritenendo che l’esercizio del giudizio altrui esprima immancabilmente un integralismo o un fanatismo religioso. Per far tornare i propri conti, il laicismo ritiene che la posizione cattolica corrisponda a un arroccamento ideologico, applicando la logica parlamentare alla libertà di pensiero e di coscienza. E così ogni dibattito risulta una prova di forza in cui le vere questioni svaniscono nel nulla o vengono esorcizzate con l’accusa di omofobia. Il teorema risulta sempre lo stesso: chi la pensa differentemente attua una discriminazione. 
In tal senso, per dissolvere facili pregiudizi, riteniamo essenziale e imprescindibile distinguere tra omosessualità e omosessualismo: la prima è una vicissitudine individuale e soggettiva rispetto alla quale è il caso di astenersi da qualsiasi pregiudizio, il secondo è una visione globale che esige di applicare su scala sociale una certa concezione della sessualità. In quest’ultimo caso occorre e urge un giudizio. Un giudizio, tra l’altro, che ristabilisca il diritto da parte di un’ampia maggioranza della società di esprimere le proprie convinzioni in materia di temi che riguardano proprio la sopravvivenza stessa della società. Ribadiamolo: nulla contro <<gli omosessuali>>, ma parecchie e precise obiezioni verso l’omosessualismo e le sue derive gender. Possiamo spingerci oltre e affermare - l’esperienza clinica lo evidenzia - che <<gli omosessuali>> talvolta sono essi stessi <<vittime>> dell’omosessualismo.
L’ideologia gender, strutturata come un arcipelago attorno a cui gravitano istanze diverse della contemporaneità, partendo dalla sfera individuale pretende, in nome dell’uguaglianza e di nuovi diritti, di estendersi all’intera comunità. Con qualche paradosso: in nome dei diritti umani favorire una falsificazione dell’umano; in nome della libertà di un godimento individuale imporre a tutti lo stesso godimento. In effetti più che una mutazione antropologica l’ideologia gender prescrive un’amputazione antropologica nel senso che, in nome della necessità del modernismo, artificiosamente toglie allo statuto dell’umano alcuni referenti simbolici e identitari che da sempre lo hanno istituito. L’ideologia gender risulta così la punta più avanzata, ipermoderna e neoliberale di gestione e controllo della soggettività. In nome di una tecno-biologizzazione essa propone una negazione dello psichico per celebrare il trionfo narcisistico dell’Io a discapito del <<bene comune>>. (Milano, 22 ottobre 2015).

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