venerdì 29 novembre 2013

TORNARE ALL'ORIGINE di Umberto Curi


Editiamo alcuni brani dell'intervista al filosofo Umberto Curi, 
autore di L'apparire del bello (Bollati Boringhieri). 
L'intervista "Tornare all'origine non al passato", 
a cura di Alessandro Zaccuri 
è uscita su L'Avvenire il 29.11.13.
Per l'intervista completa vai a: 

Papa Francesco è un cercatore?
«È un uomo dotato della straordinaria capacità di combinare tra loro la necessità di un forte rinnovamento all’interno della Chiesa e il recupero del messaggio evangelico nella sua genuinità originaria. Si tratta di un’apertura al futuro che fa leva sulla profezia e non si rinchiude, come talvolta è accaduto, nel mero rispetto di una regola morale.
Particolarmente rivelatrice mi pare l’insistenza sul valore della misericordia, che del resto è l’asse portante del Discorso della Montagna. (...)».

Francesco si presenta come il Papa dell’essenziale.
«Infatti, per il credente l’essenziale è questo: la fede e non la religione, mi verrebbe da dire. La stessa semplicità dei gesti e dell’eloquio di Bergoglio possono essere interpretati come un richiamo a non separarsi dall’essenza della fede, che si esprime in pienezza quando si incardina nel comandamento dell’amore: per sé, per il prossimo, addirittura per il nemico».

In questa essenzialità c’è molta teologia, non trova?
«Dobbiamo intenderci sui termini. Già dal punto etimologico, la teologia sta sul crinale di una pretesa impossibile. Il discorso (logos) su Dio (Theos) non può mai compromettere il momento originario e fondativo della fede. Molti interventi di papa Francesco mi pare che vadano per l’appunto nella direzione di una ricerca appassionata, che non riduce mai la verità a qualcosa di cui si possa rivendicare il possesso».

Nessun sapere può illudersi di bastare a se stesso, dunque?
«Prendiamo il caso della bellezza. Nel pensiero greco classico non è affatto una pura armonia delle forme da contemplare in modo distaccato e, per così dire, “estetico”. Questa è un’invenzione moderna, della quale ha fatto in parte giustizia Nietzsche richiamando l’importanza dell’elemento dionisiaco, irrazionale, che per gli antichi era complementare alla compostezza dell’apollineo. In senso più generale, nel pensiero greco la bellezza è sempre posta in relazione con altri valori di ordine etico e ontologico. Ed è per questa via che il bello viene a convergere con il buono e con il vero. Il recupero della genuinità originaria, così spesso invocato da papa Francesco nei suoi interventi, richiede un’analoga disponibilità ad andare al cuore di ogni questione, rinunciando alle sovrastrutture che rendono opaca la nostra esperienza».

giovedì 28 novembre 2013

LE MASCHERE DELLA CONTEMPORANEITA' di Giancarlo Ricci

Pubblichiamo alcuni passi di un'intervista a G. Ricci 
in occasione dell'uscita di "L'atto la storia". 
"Se consacrare (sacrare) era il termine che designava l'uscita delle cose dalla sfera del diritto umano, profanare significava per converso restituire al libero uso degli uomini" 
(G. Agamben, Profanazioni, Nottetempo) 


Quali sono le tematiche che ritiene più problematiche oggi? 
Le società attuali sono sempre più complesse. La nostra in particolare, abitata da anacronismi, da contrapposizioni, da personalismi, da chiusure culturali che utilizzano di volta in volta le solite maschere dell’ideologia, della demagogia, del pregiudizio.  Per esempio l’uso di un certo laicismo divenuto ormai una vera e propria professione di fede, la diffusione della “dittatura del relativismo”, la necessità neoliberistica di imporre l’obbligo al consumismo senza limiti, il dissolvimento dei tradizionali legami sociali.

Sono temi caldi, roventi. Dal mio punto di vista ho proposto una sorta di carrellata a volo radente, in cui ho evidenziato come la società del nostro tempo attui una negazione della soggettività, favorisca l’omologazione, promuova i diritti soltanto per cercare consenso.

C’è qualcosa di avvilente in tutto ciò. Questa chiusura verso un futuro possibile, ha qualcosa di mortifero. Anche se non sono uno storico, propongo di leggere il gesto di Ratzinger come un gesto che chiude il Novecento, che attua una cesura storica. E’ terminato il tempo per comprendere. Ciò che ci attende nei prossimi anni, ci costringerà a inventare un nuovo modo di coniugare l’etica con i temi cruciali della civiltà, della scienza, della tecnologia. C’è anche urgenza di un altro concetto di politica in grado di fronteggiare con dignità e giustizia le scommesse dei nostri tempi. Altrimenti saremo costretti a sopravvivere in una società di macerie e di relitti, in cui tutto è possibile, anche il disorientamento eretto a sistema.  

Quali prospettive intravvede all’orizzonte? 
Accorgersi e nominare ciò che non funziona è già un buon passo. Il libro si struttura come due atti teatrali: l’uscita di scena di Ratzinger e l’arrivo di Bergoglio. L’entrata in scena di Papa Francesco con la frase “vengo dalla fine del mondo” mi è sembrata riassumere in modo straordinario un pensiero nuovo, forte, deciso. La scelta per il nome Francesco, il tema della povertà, l’attenzione rivolta agli ultimi, ai giovani, ai minori mi sembrano esempi in difesa della civiltà, di tutta la civiltà. Avverto in Francesco una sensibilità che sa cogliere con lungimiranza i veri nodi critici della società.
Ecco un punto importante: tutto ciò non coinvolge solo i cosiddetti credenti o coloro che si riconoscono come cattolici, ma riguarda ciascuno, anche i laici. Ormai viviamo in tempi in cui ciascuno non può fare a meno di confrontarsi con un’epoca sulla soglia di mutamenti vertiginosi oggi impensabili. Occorre molto di più che la tolleranza. La posta in gioco infatti è il destino della civiltà e l’esistenza dell’umano. I loro scenari antropologici e biopolitici  ormai ci interrogano con inquietudine. 

SFIDA AL GRANDE INQUISITORE di Franco Cassano


Riproduciamo alcuni passi dell'intervista al sociologo 
Franco Cassano (autore di L'umiltà del male, Laterza 2011)       
a cura di Alessandro Zaccuri. 
L'intervista "Il grande sud sfida il Grande Inquisitore"
 è uscita su L'Avvenire (27.11.13).


Dio non gioca a dadi, d’accordo. Però ogni tanto la Chiesa, ludicamente parlando, si prende il lusso dello spariglio. «La mano di carte che scompiglia il tavolo, ha presente?», spiega il sociologo Franco Cassano, che da Bari, a metà degli anni Novanta, lanciò la sfida del «pensiero meridiano» (...). «E’ arrivato papa Francesco, che del Grande Inquisitore è l’esatto contrario. All’esibizione di autorità preferisce l’ammissione della debolezza, all’uso strumentale del mistero oppone l’esercizio dell’umiltà. 

È questo lo spariglio?
«Anche questo, sì. Ma non soltanto. Al momento dell’elezione di Bergoglio e subito dopo, quando ha iniziato a delinearsi il profilo del suo pontificato, mi sono ritrovato a pensare: “Guarda un po’ che riesce ancora a combinare la Chiesa…”. In una fase in cui tutto l’Occidente, e in particolare l’Europa, sembrano intrappolati in uno stato di depressione, timorosi come sono di perdere i privilegi di cui hanno goduto negli ultimi secoli, ecco un Papa chiamato “quasi alla fine del mondo”, grazie al quale la prospettiva si rovescia bruscamente. Dal punto di vista storico è la fine dell’eurocentrismo, ma in senso più largo è un invito, molto insistente, rivolto alla cultura laica, che non può più accontentarsi di lamentare la fine di un’epoca. Se l’Europa è a corto di speranza, e l’Italia è ancora più in affanno degli altri Paesi, in gran parte del mondo l’orizzonte del futuro è tutt’altro che consumato. Il Papa viene da queste terre, da un continente vivacissimo come l’America latina. E ci dice, in tutta semplicità, che la storia non è finita. Che la speranza, dunque, è ancora possibile».

Questo che cosa comporta?
«Anzitutto l’assunzione di una tradizione che finora l’Occidente ha trascurato, se non addirittura ignorato. Sono le tematiche del Grande Sud del pianeta, risorsa straordinaria anche sul versante simbolico. L’importante, dal mio punto di vista, è che questo accade con un cambio di passo nella Chiesa. Sintetizzando al massimo, direi che tutto si decide nel rapporto con la modernità. Posso usare un’altra espressione relativa al gioco?»

Certo.
«Con Francesco la Chiesa non sta più in difesa, ma passa all’attacco. Lo fa in maniera diretta, senza alcun complesso di inferiorità verso un pensiero che, di conseguenza, è invitato a riconsiderare se stesso, in tutta la sua ampiezza e in ogni sua contraddizione. Quando il Papa, per esempio, svolge una critica all’utilitarismo, un intellettuale non può non revocare in dubbio la visione per cui il liberismo sarebbe l’unico paradigma fondante dell’agire economico. Ci sono molti aspetti del pensiero moderno che richiedono una specifica assunzione di responsabilità. Ne cito soltanto due, che ritengo cruciali: la deriva dell’individualismo da un lato e il rifiuto del limite dall’altro. Su entrambe le questioni l’insegnamento di Francesco è chiaro, puntuale e non equivocabile».