venerdì 28 febbraio 2014

UN ALTRO PAPA di Giancarlo Ricci


Dopo circa un anno dall'arrivo di papa Francesco, 
qualche considerazione tratta dal libro 
"L'atto la storia" (2013, Ed. San Paolo) di G. Ricci. 

Un Altro papa. Il Novecento probabilmente termina oggi perché a mutare sono i riferimenti che tessevano la cornice antropologica in vigore sino a ieri. Quei riferimenti oggi vacillano, o quanto meno proseguono per inerzia, lungo direzioni casuali che risultano sempre meno intellegibili. 


Nel frattempo siamo all’inizio di un epoca in cui la biopolitica e la biotecnologia vengono proposte, in modo monopolistico, come istanze egemoniche. Il nodo della questione è se questi modi possano ancora appartenere all’umano. Faccenda non molto diversa dal dibattito, sorto qualche decennio or sono, intorno alla shoah, dove diversi intellettuali si chiedevano se l’umano sarebbe mai potuto esistere ancora. 
Ci sarà un nuovo papa, un successore. Ma - cosa essenziale - sarà il primo papa di una nuova serie di papi. Un atto divide, dicevamo. Apre uno spartiacque, un prima e un dopo. Ogni interruzione istituisce l’avvio di una nuova numerazione: il successore di Benedetto XVI sarà il primo di una nuova serie di Papi. Oggi ci troviamo in mezzo, nell’interruzione.
 Ci troviamo propriamente in quel non sapere caratterizzato dall’après-coup (la Nachträglichkeit freudiana): ciò che accadrà dopo, anno dopo anno e decennio dopo decennio, getterà nuova luce su ciò che sarà stato oggi. Su ciò che ha dominato e che ha riverberato, con le sue luci e ombre, in questa epoca senza che ce ne accorgessimo pienamente. La domanda rimarrà spalancata, aperta al futuro anteriore: che cosa sarà stato?  Che cosa sarà stato quel gesto enigmatico, così resistente al senso, così imprevisto ma incredibilmente fecondo di effetti ? 


Le cose che verranno progettate da ora in avanti non potranno essere più costruite con le stesse pietre, nè allo stesso modo. E’ questo il punto in cui mi sembra emerga la densità di una domanda intorno al destino antropologico che ci aspetta al varco. Dove c’è passaggio, c’è una soglia che viene varcata. E, una volta varcata, la scena non è più la stessa. Insomma: la civiltà (Kultur) può rinunciare a se stessa? Può mancare a se stessa? Può sparire in una globalizzazione che spenga il lavoro di civiltà (Kulturarbeit), da sempre linfa dell’umano?