martedì 1 ottobre 2013

CONTEMPORANEITA', di Giancarlo Ricci

Pubblichiamo alcuni passi dal libro L'ATTO LA STORIA 
di Giancarlo Ricci

La contemporaneità, con il suo capitalismo tecno-nichilista, sembra convinta che sia sufficiente sopravvivere, sopravvivere senza alcun progetto rivolto al futuro. Si sopravvive, invece che vivere, quando un progetto relativo al futuro viene meno, quando svanisce lo sguardo lontano rivolto a coloro che verranno. Senza questo sguardo svanisce la testimonianza, l’idea di patrimonio e di eredità, di filiazione, vacilla la funzione stessa di padre. Sparisce l’istanza del debito simbolico e pertanto ciò che abbiamo ricevuto possiamo dissiparlo, bruciarlo nel tempo di un godimento senza desiderio. Oggi è il tempo bulimico del godimento del tutto e subito. 
In questo contesto la psicanalisi è chiamata a intervenire, a precisare e a rendere evidenti le implicazioni soggettive, sociali e culturali del rischio che tale espunzione comporta. Probabilmente siamo già oltre simile rischio. La mappa con cui credevamo di poter procedere a passo spedito non corrisponde più a quanto accade. 
L’Occidente in effetti non ha più il ruolo storico che gli spettava anche solo pochi decenni fa, non soltanto per una questione economica, per l’ampliarsi di nuovi e agguerriti mercati, ma anche per lo sfaldamento di una cultura e di una civiltà che non riesce più a parlare la lingua del presente e pertanto nemmeno quella del futuro. Occidentali disorientamenti? Il nostro tempo stenta a disegnare un’illusione dell’avvenire, proprio per il fatto che un’avvenire dell’illusione appare opaco e difficilmente progettabile. Questa incapacità non è casuale. Si tratta dell’effetto prevedibile di una prolungata e organizzata sconfessione. Quando un individuo o una civiltà non ha più memoria di sé, non può progettare alcun futuro.