venerdì 17 novembre 2017

LA RIVOLUZIONE GENDER GLOBALE. Uno studio di Gabriele Kuby

La rivoluzione sessuale globale. 
Distruzione della libertà in nome della libertà (Sugarco, 2017): 
di questo studio della sociologa e saggista tedesca GABRIELE KUBY, pubblichiamo l'Introduzione  del Card. Carlo Cafarra.


INTRODUZIONE 

La proposta culturale fatta dal presente libro di Gabriele Kuby è un invito potente a uscire da quel sonno della ragione che ci sta conducendo alla perdita della libertà, cioè di noi stessi. E Gesù ci aveva già avvertiti che questa è la perdita più tragica, la perdita di noi stessi, anche se con essa avessimo guadagnato il mondo intero. 
Alla lettura di ogni pagina risuonavano dentro di me le parole di colui che seduce tutta la terra: « Diventerete come Dio, conoscendo il bene e il male » (Gn 3,5). La persona umana ha elevato se stessa ad autorità morale sovrana: sono io che stabilisco ciò che è bene e ciò che è male. È una libertà impazzita. In senso letterale: una libertà senza logos
Ma se questo è lo sfondo, se così posso dire, teoretico di tutto il libro, esso di questa libertà prende in esame la distruzione dell’ultima realtà che la contesta; e mostra come una libertà impazzita generi gradualmente la più devastante delle tirannie. Mi spiego. 
David Hume scrisse che i fatti sono testardi: testardamente contestano ogni ideologia. L’autrice sostiene, penso a ragione, che l’ultima barriera che la libertà impazzita deve abbattere sia la natura sessuale della persona umana nella sua dualità di uomo-donna; nella sua ragionevole istituzione costituita dal matrimonio monogamico e dalla famiglia. Ebbene la libertà impazzita, oggi, sta distruggendo la naturale sessualità umana, e quindi il matrimonio e la famiglia. Le pagine dedicate a questa distruzione sono di rara profondità. 
Ma c’è un altro tema che percorre le pagine di questo libro: l’opera della libertà impazzita ha una precisa strategia, perché ha una regia mondiale che la guida e la governa. Quale strategia? Quella del grande Inquisitore di Dostoevskij. Egli dice a Cristo: « Tu prometti la libertà; io do loro il pane. Seguiranno me ». La strategia è chiara: dominare l’uomo facendosi alleato un suo istinto di base. Il nuovo Grande Inquisitore non ha cambiato strategia. Egli dice nei fatti a Cristo: « Tu prometti gioia nell’esercizio sapiente, giusto e casto della sessualità; io prometto piacere senza nessuna regolamentazione. Vedrai che seguiranno me ». Il nuovo Inquisitore rende schiavi mediante il miraggio di un piacere sessuale completamente privato di ogni regola. 
Se, come penso, l’analisi di Gabriele Kuby è condivisibile, la conclusione è una sola. Avviene ciò che Platone aveva già previsto: dall’estrema libertà nasce la tirannia più grave e più feroce. Non a caso, l’autrice, di questa riflessione platonica, ha fatto l’esergo del primo capitolo. una sorta di chiave di lettura di tutto il libro. 
E i chierici? Non raramente sembrano accontentarsi di essere gli assistenti di questa eutanasia della libertà. Eppure, come insegna Paolo, è per farci veramente liberi che Cristo è morto. 
Spero che questo grande libro sia letto soprattutto da chi ha responsabilità pubbliche; da chi ha responsabilità educative; dai giovani, le prime vittime del nuovo Grande Inquisitore. 
                    Carlo card. Caffarra (Arcivescovo Em. di Bologna)  

mercoledì 21 giugno 2017

L'atto e l'etica. Il caso Ricci

A partire dai messaggi di solidarietà è sorto il blog http://www.iostocongiancarloricci.it in cui è possibile trovare la cronistoria della vicenda, i documenti, i messaggi di solidarietà, le accuse da parte dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia, l'interrogazione parlamentare, gli articoli usciti 
sulla stampa nazionale.
La piattaforma CitizenGo ha aperto una petizione rivolta al Min. Lorenzin a favore della libertà di parola per gli iscritti agli Ordini professionali e per contrastare le intimidazioni e il pensiero unico. 
Vai alla petizione: 




giovedì 9 febbraio 2017

Codice cavalleresco di R. Marchesini. Presentazione di Giorgia Brambilla

Pubblichiamo un passo della Prefazione di Giorgia Brambilla (Professoressa associata di Bioetica all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum) al libro di 
Roberto Marchesini "Codice Cavalleresco", (Sugarco 2017). 

Il Codice cavalleresco per l’uomo del terzo millennio si presenta come una mappa per l’uomo contemporaneo per riscoprire se stesso e la grandezza del suo essere maschile attraverso l’arduo cammino delle virtù (da vir, uomo) che contraddistinguono il cavaliere, figura appropriatamente presa dall’autore a modello dell’uomo di ogni tempo.
Già, perché, checché ne dica il relativismo storicista, non tutto scorre (facile ricordare il famoso «panta rei» eraclitiano): la natura dell’essere umano resta immutata e immutabile attraverso i tempi. Dunque, non è anacronistico prendere una figura, in questo caso il cavaliere, come riferimento virtuoso per l’uomo di oggi che ha smarrito se stesso sballottato tra modelli effeminati o machisti, non certo virili, che però tende, come l’uomo di allora, alla realizzazione massima di sé come persona. E poi- ché nell’essere umano quel dato biologico della sessualità, al maschile in questo caso, ha un significato che diventa compito, la mascolinità diventa scoperta, conquista di quella perfezione d’essere di un essere, la persona, creata a immagine e somiglianza di Dio. 
Del resto, la santità è sempre eccellenza e l’attuazione delle virtù non va ristretta alla lotta contro il peccato o al fare certe cose e a non farne altre, ma è espressione massima della chiamata che Dio rivolge a ciascuno, uomo o donna, laico o consacrato, e che consiste nell’imitare e seguire Cristo: « Perfectus Deus perfectus homo ». 
Voi uomini sapete e potete compiere straordinarie imprese, a cominciare da quelle della quotidianità, ovvero le più grandi; grandi come le mani ruvide di mio nonno che si chiamava Giuseppe e faceva il falegname, dopo essere sopravvissuto con onore alla guerra; grandi come la montagna dove il mio vicino, da quando si è ammalato, va a pregare tutti i giorni perché la morte lo colga senza paura, ma soprattutto senza macchia, quella del peccato mortale; grandi come le spalle di quel mio paziente che quando prendeva in braccio il figlio paraplegico lo guardava, sincero, come se fosse il più bello di tutti; grandi come gli occhi di quel ragazzo conosciuto in parrocchia che, impavido, si è caricato delle conseguenze delle sue azioni e ha dato forza alla sua fidanzata nella scelta di non abortire; grandi come i passi di quel sacerdote di periferia che a novant’anni passava con fortezza dieci ore al giorno nel confessionale; grandi come la felicità che provo insieme a mio marito, uomo leale e fedele, che, con spirito di sacrificio ma sempre col sorriso, antepone i bisogni della nostra famiglia ai suoi e dà riparo a me e ai nostri figli dalle inevitabili intemperie della vita. 
Cari uomini, siate virtuosi e noi donne saremo felici di « esservi di aiuto » e saremo spose docili e capaci di non intossicarvi con le nostre paranoie quando tornerete a casa, madri che vi lasceranno volare senza trasmettervi la paura che prendiate freddo, figlie spirituali liete di obbedirvi e di vedere in voi un « alter Christus ». Della vostra scarsa dote empatica ci faremo una ragione! Perché ciò che le donne vogliono non è l’«uomo-amico» che le segua nei loro labirinti emotivi. No, le donne aspettano di essere amate da un vero cavaliere – che non è il principe azzurro, modello rétro dell’istruttore di pilates della palestra sotto casa, col ciuffo ossigenato e i piedi abbronzati pure a dicembre. Un uomo che è bello perché virtuoso e per questo è un vero uomo. 
Un sentito grazie al dottor Roberto Marchesini e a tutti gli uomini che attraverso questo libro sceglieranno di compiere quell’arduo passaggio da homo a vir, conquistando e realizzando pienamente la loro mascolinità, sulla via santa della sequela Christi