giovedì 28 novembre 2013

LE MASCHERE DELLA CONTEMPORANEITA' di Giancarlo Ricci

Pubblichiamo alcuni passi di un'intervista a G. Ricci 
in occasione dell'uscita di "L'atto la storia". 
"Se consacrare (sacrare) era il termine che designava l'uscita delle cose dalla sfera del diritto umano, profanare significava per converso restituire al libero uso degli uomini" 
(G. Agamben, Profanazioni, Nottetempo) 


Quali sono le tematiche che ritiene più problematiche oggi? 
Le società attuali sono sempre più complesse. La nostra in particolare, abitata da anacronismi, da contrapposizioni, da personalismi, da chiusure culturali che utilizzano di volta in volta le solite maschere dell’ideologia, della demagogia, del pregiudizio.  Per esempio l’uso di un certo laicismo divenuto ormai una vera e propria professione di fede, la diffusione della “dittatura del relativismo”, la necessità neoliberistica di imporre l’obbligo al consumismo senza limiti, il dissolvimento dei tradizionali legami sociali.

Sono temi caldi, roventi. Dal mio punto di vista ho proposto una sorta di carrellata a volo radente, in cui ho evidenziato come la società del nostro tempo attui una negazione della soggettività, favorisca l’omologazione, promuova i diritti soltanto per cercare consenso.

C’è qualcosa di avvilente in tutto ciò. Questa chiusura verso un futuro possibile, ha qualcosa di mortifero. Anche se non sono uno storico, propongo di leggere il gesto di Ratzinger come un gesto che chiude il Novecento, che attua una cesura storica. E’ terminato il tempo per comprendere. Ciò che ci attende nei prossimi anni, ci costringerà a inventare un nuovo modo di coniugare l’etica con i temi cruciali della civiltà, della scienza, della tecnologia. C’è anche urgenza di un altro concetto di politica in grado di fronteggiare con dignità e giustizia le scommesse dei nostri tempi. Altrimenti saremo costretti a sopravvivere in una società di macerie e di relitti, in cui tutto è possibile, anche il disorientamento eretto a sistema.  

Quali prospettive intravvede all’orizzonte? 
Accorgersi e nominare ciò che non funziona è già un buon passo. Il libro si struttura come due atti teatrali: l’uscita di scena di Ratzinger e l’arrivo di Bergoglio. L’entrata in scena di Papa Francesco con la frase “vengo dalla fine del mondo” mi è sembrata riassumere in modo straordinario un pensiero nuovo, forte, deciso. La scelta per il nome Francesco, il tema della povertà, l’attenzione rivolta agli ultimi, ai giovani, ai minori mi sembrano esempi in difesa della civiltà, di tutta la civiltà. Avverto in Francesco una sensibilità che sa cogliere con lungimiranza i veri nodi critici della società.
Ecco un punto importante: tutto ciò non coinvolge solo i cosiddetti credenti o coloro che si riconoscono come cattolici, ma riguarda ciascuno, anche i laici. Ormai viviamo in tempi in cui ciascuno non può fare a meno di confrontarsi con un’epoca sulla soglia di mutamenti vertiginosi oggi impensabili. Occorre molto di più che la tolleranza. La posta in gioco infatti è il destino della civiltà e l’esistenza dell’umano. I loro scenari antropologici e biopolitici  ormai ci interrogano con inquietudine. 

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