mercoledì 20 novembre 2013

LA COSCIENZA AL POTERE. Intervista a Luigi Zoia

Pubblichiamo alcuni passi dell'intervista di Alessandro Zaccuri allo psicoanalista Luigi Zoia 
(autore del recente Utopie minimaliste, Ed. Chiarelettere). L'intervista è uscita sull'Avvenire del 9 novembre. 

Ha nostalgia di un Papa più remoto e regale?
«Al contrario, vorrei che Francesco percorresse fino in fondo la strada del dialogo, dimostrando così la continuità profonda tra il suo pontificato e quello del predecessore. La rinuncia di Benedetto XVI ha avuto e continua ad avere una portata enorme. È un gesto senza precedenti, che obbliga la Chiesa a confrontarsi con il nodo del potere. Che è potere economico, certo, e quindi ben venga la trasparenza degli enti finanziari legati alla Santa Sede. Allo stesso modo non può più essere rimandata la purificazione di quanto attiene alla sfera degli abusi sessuali.
Un’iniziativa, anche questa, che risale a Benedetto XVI e che Francesco ha ora il compito di portare fino in fondo, con tutta la delicatezza che un’azione del genere comporta. Ma il punto cruciale non è neppure questo».

Qual è, allora?
«Posso permettermi una provocazione laica e niente affatto laicista? La questione da risolvere riguarda il dogma dell’infallibilità. So benissimo che questo riguarda solo i pronunciamenti ex cathedra, ma nondimeno è il Papa stesso, quando si chiede “chi sono io per giudicare?”, a introdurre un elemento di dubbio o, se si preferisce, di possibilità. Si potrebbe rispondergli che è per definizione l’infallibile, colui che “deve” giudicare per correggere l’uomo, il quale è invece fallibile; oppure fargli notare che si sta spogliando di una prerogativa “imperiale”. La rinuncia all’infallibilità sarebbe la dimostrazione che il Papa è infallibile, almeno in quel momento. Sarebbe una spoliazione dalla forma più insidiosa e rigida del potere, con un’iniziativa veramente degna di Francesco d’Assisi».


Sì, ma un dogma non si può abrogare.
«Se il Papa è infallibile in materia di dogmi, dovrebbe esserlo anche nel momento in cui proclama che l’infallibilità non è più necessaria. Ciò richiama un’altra delle categorie predilette da Francesco, quella che forse più di ogni altra fonda la legittimità del dialogo».

Che cosa intende?
«L’appello alla coscienza, che non a caso è un tema decisivo per la stessa psicoanalisi. Vede, in italiano traduciamo come “coscienza” due diversi termini analitici tedeschi. Il primo, Bewusstein, descrive la consapevolezza intellettuale, mentre il secondo, Gewissen, è la coscienza morale. Per tradizione la mentalità italiana è incline a questa seconda tipologia, spesso declinata come adesione a una norma. È, direi, la versione cattolica della coscienza. A dover essere rivalutato è l’altro elemento, più presente nelle culture di matrice protestante, ma non solo in esse. Una coscienza consapevole, e quindi concreta, è stata tipica dell’opera dei gesuiti in America Latina, tra l’altro. E Francesco è un gesuita latinoamericano, giusto?».


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